mercoledì, ottobre 25, 2006

la scoperta della flanerie !!!

Perdersi nella citta': camminare per camminare




Le metropoli moderne sono delle reti dove perdersi non solo è facile, ma anche affascinante. Dimentichi per un attimo del nostro percorso pedonale quotidiano, immaginiamo una giornata in cui, invece di proseguire verso l'abituale luogo di lavoro, scendiamo ad una fermata a caso, e iniziamo a vagabondare per la città. Iniziamo a perderci. Camminare non per arrivare a destinazione, ma per il gusto di farlo, per il gusto di scoprire angoli mai visti.
La letteratura, di questi "vagabondi urbani", ne ha fatto una figura tipica: il flaneur.

Il flaneur compare per la prima volta a metà del secolo XIX a Parigi. E' il passante, una sorta di incrocio tra il bohème e il vagabondo, che cammina senza meta per le strade della città, fermandosi ogni tanto a guardare. Nel suo ruolo di osservatore il flaneur stabilisce una relazione particolare con la città, abitandola come se fosse la propria casa. Il suo percorso non coincide con il resto della moltitudine; quello che per il passante è un cammino predeterminato - il percorso del mercato, direbbe Walter Benjamin - per lui è un labirinto che cambia forma ad ogni passo: si lascia guidare dal colore di una facciata, l'inquietante uniformità di alcune finestre, lo sguardo di una mulatta. Baudelaire vede nel flaneur l'archetipo dell'artista moderno (che doveva avere "qualcosa del flaneur, qualcosa del dandy e qualcosa del bambino"), l'unico capace di rappresentare la liquidità della vita moderna.

Nel novecento l'arte del passeggio praticata dal flaneur è sostituita dalla pratica surrealista della deambulazione, che consisteva nel passare da un contesto urbano all'altro, vagando per la città in cerca di associazioni mentali stimolate dal montaggio psichico dei frammenti urbani assaggiati. Al Surrealismo fa eco negli anni '50 il Situazionismo, che con Guy Debord riprende la pratica del vagabondaggio urbano chiamandolo deriva psicogeografica. La Psicogeografia è un gioco e allo stesso tempo un metodo efficace per determinare le forme più adatte di decostruzione di una particolare zona metropolitana. Così la definisce Debord: "Per fare una deriva, andate in giro a piedi senza meta od orario. Scegliete man mano il percorso non in base a ciò che SAPETE, ma in base a ciò che VEDETE intorno. Dovete essere STRANIATI e guardare ogni cosa come se fosse la prima volta. Un modo per agevolarlo è camminare con passo cadenzato e sguardo leggermente inclinato verso l'alto, in modo da portare al centro del campo visivo l'ARCHITETTURA e lasciare il piano stradale al margine inferiore della vista. Dovete percepire lo spazio come un insieme unitario e lasciarvi attrarre dai particolari." Se vogliamo continuare a giocare, a rintracciare le varie reincarnazioni moderne del mito del flaneur nella nostra societa', possiamo chiudere il cerchio con i writer metropolitani, quei fantasmi che attraversano di notte le nostre metropoli lasciando una traccia grafica del proprio passaggio, e a volte anche sottili messaggi. Il senso ultimo di tutte queste forme di nomadismo urbano in fondo è quello di attribuire a luoghi asettici della metropoli altri significati, cercare di collegare gli spazi della geografia urbana a qualche significato che non sia soltanto funzionale, ma anche sociale.
E' quello che fa anche l'Associazione nazionale dei pedoni, che ogni anno indice una Giornata nazionale del pedone, per riappropriarsi dei luoghi pubblici (questo è anche il motto di un'associazione inglese, Reclaim the Street) e stabilire con essi un rapporto di socialità.
La metropoli perde così il suo carattere statico: diviene un fluido reticolo di traiettorie che legano tra loro non solo i luoghi, ma anche i significati privati, sentimentali, culturali, di cui questi luoghi sono investiti.

fonte Cittadini- rai.it

martedì, ottobre 17, 2006

Associaçao Brasileira de Antropologia

A política das ruas


Manifestantes estendem faixa Piqueteros descansam na Praça de MaioEx-combatentes da Malvinas protestam na Casa RosadaMultidão observa confronto entre policiais e piqueteros Multidão observa confronto entre policiais e piqueterosEx-combatente da Guerra das MalvinasMultidão observa confronto entre policiais e piqueteros



Arqueologia urbana

Arqueologia da memória recente Arqueologia da memória recenteArqueologia da memória recente


http://www.abant.org.br/biblioteca/fotoetnografia/fotoetnografia_003.shtml

giovedì, ottobre 12, 2006

colette petonnet

PAROLES OFFERTES A COLETTE PETONNET

Avant-propos. Paroles de fête sur le papier
Eliane Daphy..................................................................................2
Science et amitié, paramètres inséparables
Jacques Gutwirth...........................................................................3
Le jataka du destructeur de jardin
Catherine Choron-Baix.................................................................7
Solennités et insolences
Anne Raulin..................................................................................11
« Nous sommes tous dans le brouillard »
Jacques Katuszewski...................................................................17
L’aventure américaine
Patrick Williams............................................................................21
Les exigences de l’amitié et de la rigueur scientifique
Daniel Terrolle..............................................................................29
Un oiseau blanc pour Colette
Eliane Daphy................................................................................33
Hommage à un guide
Jeanne Brody................................................................................37
Bibliographie de Colette Pétonnet
établie et présentée par Eliane Daphy ...................................39




LAU - Laboratoire d'anthropologie urbaine
archivio di
Sciences de l'Homme et de la Société



mercoledì, ottobre 04, 2006

aMAZE - MAST


MAST è un laboratorio che indaga il territorio e la società in tutti i suoi nodi sensibili, che affronta dal punto di vista della pratica dell’arte i grandi temi della realtà in mutamento.

MAST si costituisce come nuovo museo senza pareti e senza fissa dimora, intento a disegnare un’antropologia del quotidiano. Non uno spazio delimitato, raccoglitore di opere, ma in grado di trasformare il territorio stesso in un laboratorio permanente che pertanto diverrà il suo spazio d’azione.

La città e la sua gente saranno indagate attraverso pratiche aperte, pluralità eterogenee di punti d’osservazione, con un’attenzione alla mobilità della vita collettiva e alle pieghe del vissuto urbano, al fine di comprenderne i nuovi assetti, riconferendo valori e aprendo nuovi spazi di discussione.