domenica, febbraio 04, 2007

networking city
I Progetti.
Workshop di Gülsün Karamustafa
In Turchia, tra il 1975 e il 1980, si è verificato un flusso migratorio che ha portato una quantità immensa di persone dalle campagne alle grandi città. Istanbul, che fino ad allora aveva un milione e mezzo di abitanti, si popolò rapidamente fino a raggiungere i 15 milioni. Come in qualsiasi altro luogo del mondo in cui si è avuto un fenomeno del genere più o meno nello stesso periodo, gli atteggiamenti dei nuovi arrivati erano simili tra loro e piuttosto interessanti perché, all'inizio, tutti si sono costruiti una propria ''baracca'' e con metodi molto rapidi, nello spazio di una sola notte, con qualsiasi materiale, trovato ovunque, e immediatamente vi si sono installati con tutta la famiglia. Pur essendo spesso disturbati dalla polizia, era difficile per il governo centrale e per gli enti locali mandarli via. Alla fine i loro atti venivano sempre legalizzati. Oggi, dopo 30 anni, quelle case-baracca si sono completamente integrate nella città e, naturalmente, il loro aspetto è cambiato molto col tempo.

Workshop di Gea Casolaro

...un uso tradizionale della fotografia, che tende alla rappresentazione di un modo conformista - perché conforme a un modello preconfezionato - di vedere: una casa è un edificio, una bottiglia è un contenitore. Personalmente non è quello che mi interessa, mi interessa di più che l'immagine di un edificio o di un contenitore schiuda, a chi guarda, tutti i possibili modi di vedere una casa o una bottiglia, fino ad arrivare al concetto stesso di abitare o di bere. Oppure di interno ed esterno, per passare magari alla sensazione di sete o al problema dell'alcolismo e della solitudine e via così all'infinito. Mi attrae, della fotografia, che possa arrivare ad esprimere varie visioni del mondo e che un suo particolare utilizzo dimostri che non esiste un modo univoco di guardare e quindi di vivere la medesima realtà, ma tanti modi differenti, quante sono le personalità che tale realtà abitano.

Workshop di Zineb Sedira
Quando vivi all'estero e non hai possibilità di visitare un luogo, la tua conoscenza si basa soltanto sulle informazioni dei media e sul ritratto che offre la pubblicità. Naturalmente, essendo io un'artista, conoscevo un po' di storia dell'arte fiorentina. Così, fin dall'inizio, è stato difficile per me inquadrarla come una città qualunque con anonimi abitanti, una città che per molti è semplicemente una casa.

Workshop di Dragana Parlac
Giovanna Fezzi, lavorando sul cucito e usando la stoffa nera di pizzo con inserimenti di trina (lutto e sensualità), ha visualizzato scene di assenza ed evocazione di presenze in luoghi praticabili solo dalla memoria. L'intervento di Manuela Mancioppi consisteva nella presenza di tubi di cartone che i visitatori potevano prendere e osservare, attraverso varie immagini di buchi di serrature, le immagini di ombelichi di varie persone.
Workshop di Katarzyna Kozira
Era un atto collettivo di scoperta del luogo ed allo stesso tempo di interrogazione su come affrontare tali luoghi, come rapportarsi con essi. Stefania Filizola , che solitamente realizza performance o interventi nel reale, ha presentato una lunga e interminabile corsa di se stessa di bianco vestita che attraversa o penetra vari luoghi come un campo di girasoli, ecc.: il loop ci presenta tale azione come se fosse un unico grande respiro ciclico che torna sempre su se stesso. Gaia Bartolini ha lavorato sul silenzio e sull'attesa. Tra la telecamera e gli elementi del luogo come una casa abbandonata, un parcheggio di notte, ecc. si frapponeva l'artista stessa di spalle, in totale stasi. La sua durata e la sua resistenza di sguardo sulle cose non diminuiva di grado ma erano i luoghi stessi, le cose a mutare. Andras Calamandrei, che solitamente usa il mezzo fotografico, in questo caso sentiva la necessità di occupare e dormire nel luogo stesso del workshop come per sottolineare che quello era il suo spazio in quei giorni. Tale necessità poi si è risolta nell'immagine di case di vari soggetti proiettati su un televisore al di là di una parete ottenuta con mobili di tutti i partecipanti. Daniele Bacci, che solitamete realizza quadri e performance in questo caso che ha messo a confronto un disegno di Niemeyer della città utopica di Brasilia con il video di una sua ricognizione in auto del paese di Monsummano sottolineando il tempo in presa diretta ed il caso dell'azione attraverso il suono della autoradio, gli stop, i passanti, ecc.