mercoledì, aprile 18, 2007

work in progress

fulvio bortolozzo

OLIMPIA

lunedì, marzo 12, 2007

PARTITURE
Vivere, concepire, percepire: un incontro con Ogi:no Knauss
di Lucrezia Cippitelli

Lucrezia Cippitelli: Questi ultimi mesi sono stati cruciali per Ogi:no Knauss: la pubblicazione del vostro progetto Triplicity e la nascita dell'etichetta ^Vrec. Vorrei quindi iniziare parlando di questi due progetti.
Primo Triplicity, che è tra l'altro una delle due prime pubblicazioni della novella label. E' un lavoro bellissimo e che sembra una sorta di sunto delle vostre esperienze di esploratori urbani (tra l'altro la matrice di studiosi della rappresentazione dello spazio urbano è lampante vista la dedica a Henri Le Febvre). Ho visto da qualche parte che il progetto è nato come live performance. Vorrei sapere qualcosa di più sulla sua genesi e sul successivo passaggio che vi ha portato a farne un DVD rom interattivo?
Ogino Knauss: Siamo conosciuti soprattutto come gruppo di vj e live media performers, ma il percorso di Ogino Knauss fonde l'esperienza di filmakers irrequieti e la formazione come architetti di alcuni di noi. Nel corso degli anni questi due campi di ricerca si sono sovrapposti e influenzati sempre di più, ed allo stesso tempo da parte nostra si è consolidata la consapevolezza che i processi di produzione spaziale e di produzione di immagine sono sempre più coincidenti e correlati nella evoluzione dell'ambiente urbano. Per questo motivo la pratica di "suonare la città" che ci è sempre stata naturale, di attingere al serbatoio di immagini in movimento che l'ambiente urbano ci forniva è diventata sempre più oggetto di una attenzione analitica. Così, mentre tanto le esperienze personali di ricerca e azione quanto il percorso di Ogi:no Knauss come collettivo di performers ci portavano in giro ad esplorare nuove configurazioni dello spazio pubblico globalizzato, abbiamo cominciato ad organizzare una sorta di diario di viaggio, un "travelogue" per immagini e suoni che raccontasse le ispirazioni, gli spunti, le inquietudini, le sorprese che il nostro viaggio nel paesaggio urbano in evoluzione ci riservava. E' quella che abbiamo chiamato una collezione di sguardi, una serie di cartoline audiovisive, che le elementari tecnologie mediali attuali ci danno la possibilità di organizzare e ricombinare. Siamo sempre stati attratti dal processo creativo più che dalla produzione di opere, e quindi tanto il DVD.rom, quanto il live set si basano sulla possibilità di riassemblare, confrontare, contrapporre e sovrapporre paesaggi visuali e sonori diversi.
L.C. A cosa fate riferimento in particolare riferendovi a tre binari paralleli (TRIPLIcity) nella narrazione degli spazi urbani?
O.K. Lavorando su un campo tematico così vasto e potenzialmente inclusivo come il paesaggio urbano globale ed il rapporto con la produzione di immagine, ci serviva una chiave, una procedura, un metodo che ancorasse la nostra pratica a un qualche tipo di puntello solido. L'ispirazione ce l'ha offerta Henri Lefebvre con la sua monumentale, affascinante (e talvolta criptica) analisi della produzione spaziale.
In particolare dove lui individua il processo di produzione spaziale come risultato dell’intrecciarsi e dell’indissolubile interdipendenza di tre spazialità differenti, il vissuto, il concepito ed il percepito.
Concetto altrimenti espresso come distinzione tra spazio fisico, spazio sociale e spazio mentale.
Per nostra natura abbiamo sviluppato una sincera insofferenza per le categorie strettamente dicotomiche, ed improvvisamente il "gioco del tre" è diventato il principio su cui impostare tutto il lavoro... da quel momento in poi tutto ha cominciato a comporsi con una stupefacente coerenza numerologica nel processo creativo. Noi siamo tre persone, con differenti e complementari attitudini verso le cose che facciamo; in Triplicity trattiamo con uguale importanza, e con analoghe tecniche, immagine, suono e testo; il live set si sviluppa su tre schermi paralleli, la descrizione dei fenomeni urbani si affida a tre modi di leggere la città: come sistema di superfici, come sistema di flussi e come sistema di segni... potrei continuare così, non abbiano fatto altro che scoprire, articolare ed inventare "triplette" di ogni tipo...
[...]
L.C. Vedo dal vostro sito che le due collane principali su cui si sviluppa AVRec vertono una proprio sulla documentazione e registrazione di performance e vj-set (va detto a questo proposito che il secondo lavoro che ha inaugurato l'etichetta è proprio la registrazione di un vostro vj-set, Equilibratura elettronica)
L'altro filone di produzione l'avete invece battezzato "toolkit": come se si trattasse di una scatola degli attrezzi dell'artista che lavora nell'ambito del live media. Era questa la vostra intenzione?
O.K. ..ma non solo dell'artista, concetto che d'altra parte ci è sempre più ineffabile ed estraneo.
Riprendendo proprio l'esempio di Triplicity, che è il prototipo dei Toolkit, è un oggetto che potrebbe essere usato per fare una lezione universitaria di urbanistica o di antropologia per mostrare in che modo la produzione mediatica sta cambiando il modo di percepire e vivere l'ambiente umano e le relazioni interpersonali... e potrebbe anche essere ascoltato come una collezione di field recordings senza guardare le immagini...
I prossimi progetti, qualora riuscissimo a continuare il progetto di pubblicazione - e dobbiamo dire che in questo momento le prospettive economiche per una simile impresa ci appaiono durissime - riguarderebbero anche ambiti molto diversi dal contesto della produzione puramente artistica: forme di autonarrazione sulla creazione di spazi pubblici e comunitari dal basso, ad esempio, o archivi di memorie visive familiari registrate in super 8... tutti progetti in cui la partecipazione attiva nel dare significato al materiale ci appare assai importante. D'altra parte ci sembra che in questo momento anche il mondo dell'arte stia riservando una grossa attenzione alla ridefinizione del ruolo dell'artista come catalizzatore di azione di consapevolezza e coinvolgimento fattivo del pubblico nella creazione di processi condivisi.
L.C. Ultima domanda su AVRec, mi piace sottolineare la vostra scelta di parlare di licenze e di farlo ribadendo la decisione di adottare la licenza Creative Commons. Me ne volete parlare?
O.K. Sono anni che andiamo in giro per i marciapiedi di mezzo mondo "rubando" immagini. Segni, storie, conflitti, emozioni che derivano dal vissuto di chi quei luoghi li ha battuti, levigati, modificati, demoliti, odiati o amati. Saremmo presuntuosi a voler vendere questa roba come fosse nostra. Noi rivendichiamo il diritto al riconoscimento del processo che svolgiamo nel far risuonare flussi sotterranei ed elementi spontanei, non certo il possesso o la paternità delle nostre opere, che sono il prodotto di una costante ascolto e confronto di stimoli, idee, voci, suoni, emozioni, conflitti che ci attraversano e ci modificano. In un momento in cui tutti su questo pianeta sembrano affannarsi a rivendicare la privatizzazione di qualcosa da vendere agli altri, siamo fermamente convinti della necessità di rifondare e difendere il concetto di "common good". Siamo commonisti...
L.C. Parliamo ora un po' di voi.
Vorrei saperne di più su come è nato il progetto Ogi:no Knauss, su quali sono i vostri principali filoni di ricerca e sui possibili punti di riferimento comuni a tutti e tre.
O.K. Eravamo studenti fuori sede a Firenze, volevamo fare un film insieme, ci siamo ritrovati in un Centro Sociale Occupato Autogestito a creare il Laboratorio di Cinema Mutante, poco a poco ci siamo resi conto che in quel contesto non aveva senso pensare di limitarsi a tirare su il nostro orticello... eravamo in un zona che attestava e rivendicava una sua autonomia, e starci dentro significava fare delle scelte di vita politiche che influenzavano anche il nostro modo di fare cinema e produzione artistica... da qui il vj-ing come pratica di surfing emozionale, l'apertura e lo scambio con altri linguaggi ed altri collettivi, l'attenzione al contesto spaziale ed ai conflitti per l'autonomia degli spazi, la partecipazione a network di comunicazione indipendente... e poi la tehcno culture, e il fenomeno apparentemente fatuo dei rave, a cui ancora secondo noi non è stata restituita sufficiente credito come media sub-culturale.
L.C. Qual'è stato il passaggio che vi ha portato ad indagare sull'idea di Hyperfilm e sui paesaggi urbani?
O.K. Proprio quello di cui parlavamo ora: una volta fatto il nostro cortometraggio in pellicola, avendo ripercorso una produzione cinematografica tradizionale in tutti i suoi passaggi ed i suoi ruoli gerarchici rigidamente impostati, dalla scrittura di una sceneggiatura alla costruzione di un teatro di posa in cui girare (e perfino la costruzione materiale di un cinema in cui proiettarlo), ci è venuto spontaneo smantellare il tutto, smembrare il processo e negare l'opera conclusa, aprire un processo ipernarrativo che seguisse le possibili derive in senso collettivo, processuale e situazionista del nostro lavoro... ne sono seguiti dieci anni di sperimentazioni, a volte totalmente fallimentari, eccessive, improduttive ma mai inutili, a volte fertili, riuscite, comunque formative... dobbiamo dire che dopo questa parabola, ora ci è tornata una gran voglia di fare un film, proprio uno di quelli che ti siedi in poltrona e te lo guardi con gusto.
L.C. Come si sviluppa, come funziona e che idea avete del lavoro collettivo?
O.K. Fatica, frustrazione, l'impressione deprimente di dissipare gran parte della propria energia cercando di spiegare quello che potresti semplicemente fare, dubbi, rabbia, stanchezza. Poi realizzare ad un tratto che ne vale comunque la pena e che ci sono delle cose che miracolosamente scaturiscono e danno senso e soddisfazione al tutto...
L.C. Che rapporto avete con le macchine? Ovvero: in che modo vi rapportate agli strumenti tecnologici che usate per costruire i vostri progetti?
O.K. Piuttosto difficile, non abbiamo un rapporto molto fluido con le macchine, non siamo dei techies, siamo rispettosi ed affascinati dalle possibilità tecnologiche, ma siamo lenti e generalmente ci dilunghiamo a sviluppare un nostro uso di tecnologie che tutti stanno abbandonando per saltare su qualcosa di più nuovo...
L.C. Che rapporto costruite (se ne volete costruire uno) con gli spazi in cui lavorate e con gli spettatori/fruitori/osservatori delle vostre performance?
O.K. Difficile questione, ogni caso è un discorso a parte. Assolutamente gli spazi ci interessano come parte integrante del nostro lavoro. Non pensiamo alle nostre performance come a sé stanti, slegate dal contesto in cui avvengono, ma come specifico tentativo di costruire una situazione, in cui collocazione e momento siano una componente fondamentale ed irripetibile.
Preferiamo sempre luoghi stimolanti e particolari, che ci consentano di interagire, di costruire una relazione, un dialogo, magari una collaborazione prolungata. Ci sentiamo meno coinvolti nella galleria, nel museo o nella situazione istituzionale che in qualche modo cerca di mettere una cornice intorno al tuo lavoro e di mantenere la sua distaccata neutralità.
L.C. Musica: come guardate alle ricerche elettroniche più sperimentali? Chi vi interessa?
O.K. Ci ha sempre interessato delle musiche sperimentali la capacità di sviluppare pratiche innovative ed il nostro lavoro sul video ha spesso attinto al range delle tecniche della musica elettronica, e non solo, per verificarle nel dominio della produzione di immagine: loops, campionamento, scratch, uso di multiple tracce, il concetto stesso di live set. Anche il discorso sull'autorialità e sulla proprietà intellettuale è stato dapprima messo in crisi ed espanso nel dominio della musica elettronica e di ricerca, dal plagiarismo alla pratica del remix... senza dimenticare la rave culture, con tutte le sue implicazioni... e tutto ciò ha molto influenzato il nostro lavoro.
La lista di chi ci interessa potrebbe essere infinita, siamo abbastanza onnivori, senza contare che dei tre Miki Semascus ha anche una formazione da DJ. Ma al di là degli esiti puramente musicali, estetici direi, quelli che veramente ci interessano sono musicisti che infondono una attitudine particolare al loro lavoro sul piano della consapevolezza politica o filosofica... pensiamo a collettivi come Ultra-red, al ventennale e vulcanico lavoro al campionatore di Bob Ostertag e la sintesi estrema di Rioji Ikeda, alla scena Hip Hop più radicale, italiana e straniera...
L.C. Infine vorrei un vostro sguardo sul panorama del live media italiano e straniero: a chi guardate? Cosa vi piace e cosa non vi piace di quanto succede in questi anni?
O.K. Risposta delicata... massimo rispetto per alcuni collettivi che anche producendo cose molto distanti dalle nostre dimostrano quell'attitudine che condividiamo verso la produzione... storicamente Cane Capovolto, Opificio Ciclope, e poi Otolab, Santi & Saule, tra i più giovani ci sembrano molto bravi OKNO. Ma stiamo lasciando fuori tanta di quella gente che stimiamo... In generale per quanto riguarda la scena internazionale ci sembra che ci siano tante cose estremamente interessanti, ma anche piuttosto fatue. Una espansione dinamica del dominio del graphic design estremamente elegante ma che alle volte non riesce a superare l'effetto della videotappezzeria, a cui ci sentiamo piuttosto estranei, preferendo ricerche che mantengono una discendenza diretta con le pratiche del cinema radicale.

domenica, febbraio 04, 2007

networking city
I Progetti.
Workshop di Gülsün Karamustafa
In Turchia, tra il 1975 e il 1980, si è verificato un flusso migratorio che ha portato una quantità immensa di persone dalle campagne alle grandi città. Istanbul, che fino ad allora aveva un milione e mezzo di abitanti, si popolò rapidamente fino a raggiungere i 15 milioni. Come in qualsiasi altro luogo del mondo in cui si è avuto un fenomeno del genere più o meno nello stesso periodo, gli atteggiamenti dei nuovi arrivati erano simili tra loro e piuttosto interessanti perché, all'inizio, tutti si sono costruiti una propria ''baracca'' e con metodi molto rapidi, nello spazio di una sola notte, con qualsiasi materiale, trovato ovunque, e immediatamente vi si sono installati con tutta la famiglia. Pur essendo spesso disturbati dalla polizia, era difficile per il governo centrale e per gli enti locali mandarli via. Alla fine i loro atti venivano sempre legalizzati. Oggi, dopo 30 anni, quelle case-baracca si sono completamente integrate nella città e, naturalmente, il loro aspetto è cambiato molto col tempo.

Workshop di Gea Casolaro

...un uso tradizionale della fotografia, che tende alla rappresentazione di un modo conformista - perché conforme a un modello preconfezionato - di vedere: una casa è un edificio, una bottiglia è un contenitore. Personalmente non è quello che mi interessa, mi interessa di più che l'immagine di un edificio o di un contenitore schiuda, a chi guarda, tutti i possibili modi di vedere una casa o una bottiglia, fino ad arrivare al concetto stesso di abitare o di bere. Oppure di interno ed esterno, per passare magari alla sensazione di sete o al problema dell'alcolismo e della solitudine e via così all'infinito. Mi attrae, della fotografia, che possa arrivare ad esprimere varie visioni del mondo e che un suo particolare utilizzo dimostri che non esiste un modo univoco di guardare e quindi di vivere la medesima realtà, ma tanti modi differenti, quante sono le personalità che tale realtà abitano.

Workshop di Zineb Sedira
Quando vivi all'estero e non hai possibilità di visitare un luogo, la tua conoscenza si basa soltanto sulle informazioni dei media e sul ritratto che offre la pubblicità. Naturalmente, essendo io un'artista, conoscevo un po' di storia dell'arte fiorentina. Così, fin dall'inizio, è stato difficile per me inquadrarla come una città qualunque con anonimi abitanti, una città che per molti è semplicemente una casa.

Workshop di Dragana Parlac
Giovanna Fezzi, lavorando sul cucito e usando la stoffa nera di pizzo con inserimenti di trina (lutto e sensualità), ha visualizzato scene di assenza ed evocazione di presenze in luoghi praticabili solo dalla memoria. L'intervento di Manuela Mancioppi consisteva nella presenza di tubi di cartone che i visitatori potevano prendere e osservare, attraverso varie immagini di buchi di serrature, le immagini di ombelichi di varie persone.
Workshop di Katarzyna Kozira
Era un atto collettivo di scoperta del luogo ed allo stesso tempo di interrogazione su come affrontare tali luoghi, come rapportarsi con essi. Stefania Filizola , che solitamente realizza performance o interventi nel reale, ha presentato una lunga e interminabile corsa di se stessa di bianco vestita che attraversa o penetra vari luoghi come un campo di girasoli, ecc.: il loop ci presenta tale azione come se fosse un unico grande respiro ciclico che torna sempre su se stesso. Gaia Bartolini ha lavorato sul silenzio e sull'attesa. Tra la telecamera e gli elementi del luogo come una casa abbandonata, un parcheggio di notte, ecc. si frapponeva l'artista stessa di spalle, in totale stasi. La sua durata e la sua resistenza di sguardo sulle cose non diminuiva di grado ma erano i luoghi stessi, le cose a mutare. Andras Calamandrei, che solitamente usa il mezzo fotografico, in questo caso sentiva la necessità di occupare e dormire nel luogo stesso del workshop come per sottolineare che quello era il suo spazio in quei giorni. Tale necessità poi si è risolta nell'immagine di case di vari soggetti proiettati su un televisore al di là di una parete ottenuta con mobili di tutti i partecipanti. Daniele Bacci, che solitamete realizza quadri e performance in questo caso che ha messo a confronto un disegno di Niemeyer della città utopica di Brasilia con il video di una sua ricognizione in auto del paese di Monsummano sottolineando il tempo in presa diretta ed il caso dell'azione attraverso il suono della autoradio, gli stop, i passanti, ecc.

giovedì, dicembre 28, 2006

REAL ESTATE

Economia Immobiliare - Real Estate Economy (dal termine anglosassone derivante da real = "bene" ed estate = "immobile"). Si usa per definire nella sua accezione più estesa il settore economico-immobiliare.

Nel settore si evidenziano principalmente quattro categorie di figure professionali:

  • 1) Professionisti Tecnici (ingegneri, architetti, geometri, periti, agenti immobiliari);
  • 2) Professionisti Economici (esperti commerciali, fiscali, amministrativi, finanziari);
  • 3) Operatori senza specifica abilitazione (e/o formazione).
  • 4) Imprese di gestione, valorizzazione, sviluppo, promozione, servizi, investimento immobiliare.

Negli ultimi 10 anni, il settore immobiliare italiano ha subito una notevole trasformazione con provvedimenti legislativi che hanno favorito il processo di finanziarizzazione immobiliare, attraverso la nascita del project financing, dei fondi immobiliari e delle operazioni di cartolarizzazione. L'importanza che sta assumendo la gestione del settore immobiliare ha determinato per gli operaratori del settore la necessità di mettere in campo capacità imprenditoriali e gestionali sempre più avanzate con la coseguente necessità che il mercato richiede figure professionali e strumenti di analisi più sofisticati.

L'offerta formativa del settore si presenta in Italia ancora in via di sviluppo con alcune iniziative delle facoltà di Architettura con corsi di Estimo, di Valutazione economica dei progetti e di Economia Urbana o Rurale, e iniziative promosse da facoltà di Economia come il corso di “Analisi Finanziaria delle Operazioni Immobiliari” presso l'Università Bocconi , il corso di laurea in “Diritto ed Economia dell'Intermediazione e dell'Amministrazione Iimmobiliare” presso l'Università degli Studi di Bari e il corso di laurea in scienze giuridiche curriculum in “Diritto immobiliare” organizzato dall' Università Cattolica di Piacenza con la collaborazione di Confedilizia. Sul fronte post-universitario, SDA Bocconi con il corso di Real Estate Finance. Da ricordare anche il COREP del Politecnico di Torino e il Dipartimento BEST del Politecnico di Milano.

Con la nascita delle Agenzie del Demanio e del Territorio anche la pubblica amministrazione sta iniziando con forza ad avere un ruolo importante nel settore immobiliare e l'Agenzia del Demanio in particolare con il suo portale sul real estate www.demaniore.com si candida a diventare a breve un autorevole punto di riferimento per l'immobiliare italiano.

Project financing

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La finanza di progetto (o project financing in inglese) è una operazione di finanziamento di opere di pubblica utilità, di ispirazione anglosassone (ma diffuso in molti Paesi europei), con la quale uno o più soggetti (i promotori) propongono ad una Pubblica amministrazione di finanziare, eseguire e gestire un'opera pubblica, il cui progetto è stato già approvato, in cambio degli utili che deriveranno dai flussi di cassa (cash flow) generati per l'appunto da una efficiente gestione.

Il coinvolgimento dei soggetti privati non solo nella realizzazione e gestione, ma principalmente nel totale accollo dei costi di opere pubbliche in vista di guadagni futuri è la caratteristica principale di tale operazione economica. Già nel secolo scorso, fra il 1840 ed il 1860, gran parte della rete ferroviaria europea fu realizzata con tecniche di finanziamento simili al project financing.

La filosofia del Project Financing è quella di coinvolgere il privato in un progetto, di spingerlo a trovare il modo di far fruttare per se e per la comunità un terreno o un bene che altrimenti resterebbero inutilizzati per carenza di fondi pubblici.

Indice

venerdì, dicembre 22, 2006

noinos.it

Antropologia aPPlicata


“I problemi della vita quotidiana nelle aree urbane, e la peculiarità delle relazioni sociali al loro interno, hanno fatto sì che la città si sia costituita come unità analizzabile in termini di modelli che permettono di collegare livelli diversi del sociale.(…).
All’antropologo urbano non interessa tanto l’urbanesimo in quanto tale con i suoi connotati più propriamente demografici; la sua indagine, piuttosto, mette a fuoco quell’arcipelago di microcaratteri che animano il variegato “teatro” urbano. Facendo propri gli strumenti dell’analisi antropologica, (…) ci parla (…) di vicinato, amicizia, rapporti professionali, piccola delinquenza e bande giovanili (…)” (liberamente citato dalla presentazione di un classico dell’antropologia urbana, Ulf Hannerz, Esplorare la città.Antropologia della vita urbana, il Mulino, Bologna 1992).



http://www.noinos.it/azioni_cat.asp?idcat=1

mercoledì, ottobre 25, 2006

la scoperta della flanerie !!!

Perdersi nella citta': camminare per camminare




Le metropoli moderne sono delle reti dove perdersi non solo è facile, ma anche affascinante. Dimentichi per un attimo del nostro percorso pedonale quotidiano, immaginiamo una giornata in cui, invece di proseguire verso l'abituale luogo di lavoro, scendiamo ad una fermata a caso, e iniziamo a vagabondare per la città. Iniziamo a perderci. Camminare non per arrivare a destinazione, ma per il gusto di farlo, per il gusto di scoprire angoli mai visti.
La letteratura, di questi "vagabondi urbani", ne ha fatto una figura tipica: il flaneur.

Il flaneur compare per la prima volta a metà del secolo XIX a Parigi. E' il passante, una sorta di incrocio tra il bohème e il vagabondo, che cammina senza meta per le strade della città, fermandosi ogni tanto a guardare. Nel suo ruolo di osservatore il flaneur stabilisce una relazione particolare con la città, abitandola come se fosse la propria casa. Il suo percorso non coincide con il resto della moltitudine; quello che per il passante è un cammino predeterminato - il percorso del mercato, direbbe Walter Benjamin - per lui è un labirinto che cambia forma ad ogni passo: si lascia guidare dal colore di una facciata, l'inquietante uniformità di alcune finestre, lo sguardo di una mulatta. Baudelaire vede nel flaneur l'archetipo dell'artista moderno (che doveva avere "qualcosa del flaneur, qualcosa del dandy e qualcosa del bambino"), l'unico capace di rappresentare la liquidità della vita moderna.

Nel novecento l'arte del passeggio praticata dal flaneur è sostituita dalla pratica surrealista della deambulazione, che consisteva nel passare da un contesto urbano all'altro, vagando per la città in cerca di associazioni mentali stimolate dal montaggio psichico dei frammenti urbani assaggiati. Al Surrealismo fa eco negli anni '50 il Situazionismo, che con Guy Debord riprende la pratica del vagabondaggio urbano chiamandolo deriva psicogeografica. La Psicogeografia è un gioco e allo stesso tempo un metodo efficace per determinare le forme più adatte di decostruzione di una particolare zona metropolitana. Così la definisce Debord: "Per fare una deriva, andate in giro a piedi senza meta od orario. Scegliete man mano il percorso non in base a ciò che SAPETE, ma in base a ciò che VEDETE intorno. Dovete essere STRANIATI e guardare ogni cosa come se fosse la prima volta. Un modo per agevolarlo è camminare con passo cadenzato e sguardo leggermente inclinato verso l'alto, in modo da portare al centro del campo visivo l'ARCHITETTURA e lasciare il piano stradale al margine inferiore della vista. Dovete percepire lo spazio come un insieme unitario e lasciarvi attrarre dai particolari." Se vogliamo continuare a giocare, a rintracciare le varie reincarnazioni moderne del mito del flaneur nella nostra societa', possiamo chiudere il cerchio con i writer metropolitani, quei fantasmi che attraversano di notte le nostre metropoli lasciando una traccia grafica del proprio passaggio, e a volte anche sottili messaggi. Il senso ultimo di tutte queste forme di nomadismo urbano in fondo è quello di attribuire a luoghi asettici della metropoli altri significati, cercare di collegare gli spazi della geografia urbana a qualche significato che non sia soltanto funzionale, ma anche sociale.
E' quello che fa anche l'Associazione nazionale dei pedoni, che ogni anno indice una Giornata nazionale del pedone, per riappropriarsi dei luoghi pubblici (questo è anche il motto di un'associazione inglese, Reclaim the Street) e stabilire con essi un rapporto di socialità.
La metropoli perde così il suo carattere statico: diviene un fluido reticolo di traiettorie che legano tra loro non solo i luoghi, ma anche i significati privati, sentimentali, culturali, di cui questi luoghi sono investiti.

fonte Cittadini- rai.it

martedì, ottobre 17, 2006

Associaçao Brasileira de Antropologia

A política das ruas


Manifestantes estendem faixa Piqueteros descansam na Praça de MaioEx-combatentes da Malvinas protestam na Casa RosadaMultidão observa confronto entre policiais e piqueteros Multidão observa confronto entre policiais e piqueterosEx-combatente da Guerra das MalvinasMultidão observa confronto entre policiais e piqueteros



Arqueologia urbana

Arqueologia da memória recente Arqueologia da memória recenteArqueologia da memória recente


http://www.abant.org.br/biblioteca/fotoetnografia/fotoetnografia_003.shtml

giovedì, ottobre 12, 2006

colette petonnet

PAROLES OFFERTES A COLETTE PETONNET

Avant-propos. Paroles de fête sur le papier
Eliane Daphy..................................................................................2
Science et amitié, paramètres inséparables
Jacques Gutwirth...........................................................................3
Le jataka du destructeur de jardin
Catherine Choron-Baix.................................................................7
Solennités et insolences
Anne Raulin..................................................................................11
« Nous sommes tous dans le brouillard »
Jacques Katuszewski...................................................................17
L’aventure américaine
Patrick Williams............................................................................21
Les exigences de l’amitié et de la rigueur scientifique
Daniel Terrolle..............................................................................29
Un oiseau blanc pour Colette
Eliane Daphy................................................................................33
Hommage à un guide
Jeanne Brody................................................................................37
Bibliographie de Colette Pétonnet
établie et présentée par Eliane Daphy ...................................39




LAU - Laboratoire d'anthropologie urbaine
archivio di
Sciences de l'Homme et de la Société



mercoledì, ottobre 04, 2006

aMAZE - MAST


MAST è un laboratorio che indaga il territorio e la società in tutti i suoi nodi sensibili, che affronta dal punto di vista della pratica dell’arte i grandi temi della realtà in mutamento.

MAST si costituisce come nuovo museo senza pareti e senza fissa dimora, intento a disegnare un’antropologia del quotidiano. Non uno spazio delimitato, raccoglitore di opere, ma in grado di trasformare il territorio stesso in un laboratorio permanente che pertanto diverrà il suo spazio d’azione.

La città e la sua gente saranno indagate attraverso pratiche aperte, pluralità eterogenee di punti d’osservazione, con un’attenzione alla mobilità della vita collettiva e alle pieghe del vissuto urbano, al fine di comprenderne i nuovi assetti, riconferendo valori e aprendo nuovi spazi di discussione.


mercoledì, settembre 20, 2006

la cecla



















lunedì, settembre 18, 2006

atlante mediterraneo

Going Public 06 - Atlante Mediterraneo
Giunto alla sua quinta edizione, il progetto Going Public è un “work in progress”, che si sviluppa tramite una rete di ricerca collettiva, con collegamenti sia a livello locale che internazionale.
Atlante Mediterraneo. Temi e ricerca.
Istanbul, Beirut, Nicosia, Tel Aviv, Alexandria, Barcellona
Nelle 6 città individuate come “casi studio” per il progetto Going Public’06. Atlante Mediterraneo artisti, studenti, ricercatori, geografi e sociologi attivano le proprie ricerche sulle tematiche in oggetto: flussi di persone, di economie, di culture. L'identità del Mediterraneo, la sua molteplicità, la sua importanza, il suo investimento. Rapporti fra territori, rive, città, abitanti, senza soluzione di continuità. Tragitto verticale e orizzontale, fra il Mediterraneo e l'Europa, l'Oriente e l'Occidente. Da Istambul a Barcellona, passando attraverso città quali Beirut, Nicosia, Tel Aviv, Alessandria. Un moto circolare di andata e ritorno, di arrivi, contatti, migrazioni, contaminazioni, propagazioni infinite. Gli effetti della globalizzazione e un diverso scenario geopolitico inducono fenomeni di rapida trasformazione del senso dei luoghi e compromettono i delicati equilibri sociali e ambientali. L’abbandono delle tradizioni e la crescita di nuove megalopoli, i crescenti flussi migratori e i capisaldi turistici, le antiche rotte mercantili e le grandi infrastrutture, il ruolo ibrido e complesso delle città e dei grandi porti sul Mediterraneo, con i loro cicli produttivi e ludici, le componenti sociali ed etniche, le aperture e le connessioni al territorio circostante e il legame con la dimensione continentale. La nascita dello "Spazio Euromediterraneo", e l'attivazione del corridoio denominato “Corridoio Meridiano”, fungono da dispositivo territoriale per una politica globale che riguarda tutti i Paesi mediterranei, concepiti come un unico insieme politico/geografico. Si tratta quindi di azioni a favore dell'incontro tra le diverse culture e i diversi popoli, di modifiche geografiche nei nodi di scambio, di flusso, di mobilità.
Il progetto Going Public’06. Atlante Mediterraneo sviluppa nel corso dell’autunno 2006 una serie di attività, appuntamenti di riflessione, ed “esposizioni come spedizioni” sia in Italia che all’estero, quali:
4/10 Settembre 2006
Alexandria, Egitto. Fisherman village camp. (workshop)
Partecipazione con Gudran Association for Art and Development, allo sviluppo di una zona rurale vicina ad Alessandria d'Egitto. I progetti artistici vengono utilizzati per incoraggiare la gente del posto a produrre opere di artigianato e a implementare il loro villaggio. Il progetto coi giovani volontari modenesi di Going Public prevede la costruzione di un’area verde, un giardino pubblico per tutti.
20/30 Settembre 2006
Nicosia, Cipro. Transcrossing memories. (installazioni urbane)
Parallelamente ad eventi artistici internazionali, e attraverso una concreta azione sul territorio insieme alle comunità locali, si intende presentare l’intera attività di studio e di ricerca di Going Public. The Memory Box, “dispositivo mobile” fungerà da spazio pubblico itinerante, bilaterale, e aperto a tutti. Una sorta di biblioteca in cui verranno raccolti racconti della gente e realizzate presentazioni, progetti d’artista, letture, filmati, proiezioni video, dibattiti, performances, ect….
10/15 Ottobre 2006
Tel Aviv, Israele. Floating Simmetry. (video installazioni)
Viene presentato il progetto Floating Simmetry, realizzato da Ofri Cnaani (Israele) e Jenny Vogel (Germania). Una video proiezione multipla, che documenta il viaggio compiuto dalle artiste, a coprire la distanza mare-terra che divide l’isola di Cipro dalla frontale città di Tel Aviv, in un percorso di simmetrie geopolitiche e umane nell’asse Nicosia-Gerusalemme.
23/30 Ottobre 2006
Formigine e Modena, Italia. GOING PUBLIC '06. Atlante mediterraneo. (workshop, meeting internazionale, installazioni urbane)
Per facilitare il reale scambio tra culture e tra i giovani, si propone un laboratorio con giovani artisti/studenti del territorio formiginese + giovani di cinque città studio (Istanbul, Beirut, Nicosia, Alexandria, Barcellona) che si affacciano sul Mediterraneo. I giovani saranno ospitati dalla provincia modenese di Formigine e il laboratorio sarà tenuto da un importante artista a livello internazionale.
I risultati delle ricerche artistiche saranno esposti in sedi pubbliche e integreranno la pubblicazione/atlante/guida sul tema. Completa il programma un incontro/dibattitto con figure del mondo della cultura sull’argomento dell’anno.
Progetti degli artisti: Akram Zataari (Libano), Atlas Group (Beirut/NYC), Oda ProjesiAchilles Kentonis (Nicosia), Sameh Elhalawany (Alessandria d’Egitto).
Con contributi critici di: Tony Chakar (Libano), Vasif Kortun (Istanbul), Yannis Papadakis (Nicosia), Jorgos Tzirtzilakis (Grecia), Marti Peran (Barcellona) e altri.
Le installazioni urbane degli artisti saranno visibili nel centro storico di Formigine e nella Stazione Centrale di Modena dal 30 Ottobre al 3 Dicembre.
Opening sabato 29 Ottobre:
- ore 15, dibattito pubblico insieme agli artisti.
- ore 17:30, opening con aperitivo, a seguire party con musica.
aMAZElab
Via Cola Montano 8 - 20159 Milano
Tel-fax 02 6071623 - info@amaze.it

porto BIENNALE VENEZIA

città-porto.tv

Citta'- Porto e' il programma di attivita' che da' il nome alla sezione speciale delle iniziative previste dalla 10. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia e dal progetto Sensi Contemporanei, per il Mezzogiorno d'Italia.
La creazione di una webTV che preceda e segua le manifestazioni e gli eventi di Palermo ha l'obiettivo di introdurre, proiettare l'interlocutore all'interno del mondo dei flussi e delle emozioni che le citta' portuali vecchie e nuove producono e suscitano.
www.citta-porto.tv


venerdì, settembre 08, 2006

city

Articolo specifico in inglese: Inner city

Negli USA e in Gran Bretagna il termine "città interna" viene usato in alcuni contesti per definire un'area, quasi un ghetto, in cui gli abitanti sono meno eruditi e benestanti e dove il tasso di criminalità è più elevato. Tali connotazioni sono meno comuni negli altri Paesi occidentali, dove aree depresse si riscontrano in parti diverse degli agglomerati urbani. E in effetti si può assistere al fenomeno inverso, con l'afflusso di popolazione alto-borghese in aree centrali della città, originariamente di basso livello (questo fenomeno in inglese viene definito gentrification - ad esempio in Australia la denominazione suburbano esterno si riferisce a persona poco sofisticata nei modi e nel livello culturale. A Parigi il centro città è la parte più ricca dell'area metropolitana, dove le abitazioni sono più care e dove vive la popolazione a più elevato reddito.

In particolar modo negli USA è diffusa una cultura di anti-urbanizzazione, che alcuni fanno risalire a Thomas Jefferson, che scrisse che "Le folle delle grandi città contribuiscono al supporto del puro governo come le piaghe aiutano la forza di un corpo umano". Parlando degli uomini d'affari che portavano le industrie manifatturiere nelle città, incrementando quindi la densità di popolazione necessaria per fornire forza lavoro, scrisse "i produttori delle grandi città ... hanno generato una tale depravazione nella morale, una tale dipendenza e corruzione che li rendono un'aggiunta indesiderabile ad un Paese la cui morale è solida". L'attitudine anti-urbana moderna si ritrova negli Stati Uniti sotto forma di una pianificazione che continua a impegnare aree suburbane a bassa densità di popolazione, nelle quali l'accesso alle attività per il tempo libero, al lavoro e agli acquisti viene fornito quasi esclusivamente attraverso l'uso dell'auto, e non a piedi.

Esiste comunque un movimento crescente nel Nordamerica chiamato "Nuovo Urbanismo", che sostiene un ritorno ai metodi tradizionali di pianificazione urbana, nei quali una gestione a zone di tipo misto consenta agli abitanti di accedere camminando da un tipo di uso dello spazio ad un altro. L'idea di fondo è che gli spazi abitativi, dedicate agli acquisti, agli uffici e alle attività ricreative siano disponibili a breve distanza, riducendo la richiesta di strade carrozzabili e quindi aumentando l'efficienza e la funzionalità del trasporto pubblico.


domenica, agosto 06, 2006

flash art

Centri e Periferie nell'arte
LE RAGIONI DI UNA BREVE INCHIESTA

http://www.flashartonline.it/pg_centri_e_periferie.htm

martedì, luglio 11, 2006

ETNOGRAFIA URBANA

MODI D'USO E PRATICHE DELLO SPAZIO
Maria Pia Pozzato e Cristina Demaria (pubblicazione in rete 21 marzo 2006)

L’atelier “Etnografia urbana: modi d’uso e pratiche dello spazio” ha accolto lavori e progetti tra loro in realtà molto differenti: da una rilettura semiotica di New Babylon, città immaginata negli anni Sessanta dagli architetti e dagli artisti del movimento dell’Internazionale Situazionista, alle immagini e ai mosaici delle città che dominano gli schermi dell’installazione Cosmopolis dell’algerino Maurice Benayoun, fino alle città da ri-immaginare a partire dalla percezione delle loro zone di degrado. Ne è emerso un percorso composito che ha collegato esempi di progettazione artistica e urbanistica a osservazioni ‘partecipanti’ sul modo in cui alcuni centri urbani vengono usati, come nel caso di Firenze, città d’arte i cui spazi pubblici si trasformano sempre di più in spazi privati che i turisti si trovano a dover ‘acquistare’ insieme ai loro souvenirs. Vorremmo provare a ripercorrere le indicazioni più interessanti emerse nell’atelier dividendole in tre grandi aree tematiche: città ideali e virtuali, effettive pratiche di uso e di progettazione e, infine, percezioni della città e della sua sicurezza, delle sue zone di esclusione e inclusione.

1. città ideali/città virtuali
2. la città nelle pratiche d'uso e di progettazione
3. il degrado e il controllo
4. sociologi e antropologi di fronte alla città
5. verso un'etnografia semiotica della città: l'immagine della città di Kevin Lynch
6. semiotica e antropologia urbana: Ulf Hannerz


semiotica della città


Comunicazioni presentate negli Atelier del XXXIII Congresso dell'AISS
"Per una semiotica della città. Spazi sociali e culture metropolitane"
San Marino, 28-30 ottobre 2005




Sezione Mappe e rappresentazioni: città descritta e ritratti possibili
Francesca De Ruggieri Matrix and the city: città reale/città virtuale nella cultura visuale contemporanea

Maria Giulia Dondero

Scenari del sé e monumenti in posa nella fotografia turistica

Francesco Galofaro

La città di Riccardo Barreiro e Juan Gimenez

Andri Gerber

Peter Eisenman dalla descrizione alla de-scrizione

Alice Giannitrapani

Forme di costruzione dell’identità dei luoghi:il caso di Erice nelle guide turistiche

Daniela Panosetti

La città schizofrenica. Ambiguità e duplicazioni discorsive ne La trilogia della città di K di Agotha Kristof

Elisebha Fabienne Platzer

Perché Le città invisibili?

Gabriele Salvatori

Nevrosi e forme di vita metropolitane. Tre film di Woody Allen



Sezione Zone, frontiere, confini: la città come spazio culturale

Pierluigi Cervelli,
Franciscu Sedda

Introduzione

Paolo Bertetti Il senso calpestato. Per una semiotica del marciapiede / pdf (312 Kb)

Valentina Ciuffi

Terrains vagues: il rovescio dei vuoti urbani

Maria José Contreras

Città sotto attacco: di bombe e poemi

Marco Felici

Linguaggio progettuale e forma mentis della sostenibilità

Tommaso Granelli

Per una semiotica del Terrain Vague: da luogo anomico a dérive passionale

Dania Patassini

Metro-morfosi. mutazioni spaziali nel metro’ di parigi (un problema di traduzione spaziale)

Elena Pirazzoli

Locali notturni e macerie abitate: la ricostruzione ambigua di Beirut

Romana Rutelli

Métro, Underground, Subway e altri spazi cittadini della frontiera



Sezione Etnografia urbana: modi d’uso e pratiche dello spazio

Cristina De Maria
Maria Pia Pozzato

Introduzione

Emanuela Bonini Lessing Sistemi informativi e attribuzioni di senso / pdf (92 Kb)

Marco De Baptistis

Il situazionismo e il discorso sulla città

Lucia Rita Monica Iorio

I Sassi di Matera: da spazio rupestre a spazio antropologico

Giorgio Lo Feudo Spazi urbani fra fruizione e denominazione.
È possibile un secondo battesimo?
/ pdf (120 Kb)

Raul Magallon

Firenze, città sacra con carattere profano: Dal pubblico al privato

Tiziana Migliore "Cosmopolis", di Maurice Benayoun. Città Ideale nella logica della Rete

Annalisa Pelizza

Spazi pubblici a un bivio. Per una interpretazione del tema del “degrado”: il caso del PSC del Comune di Bologna

Alessandro Rudelli

Non più, non ancora.
Pragmatica generativa e trasformazionale dei regimi semiotici negli spazi urbani delle società di controllo



Sezione Luoghi pubblici e spazi commerciali: nuove forme di messa in comune del territorio urbano

Vanni Codeluppi

La città come vetrina

Pierluigi Musarò

Il significato sociale del consumo: gli spazi commerciali come distributori di “senso etico”

Andrea Pascali

Spazi senza storia: l’ipermercato e la solitudine al consumo

Gian Paolo Proni

Il fashion shopping urbano: problemi e prospettive di ricerca

Maddalena Rinaldi

Il museo dell’azienda. Le identità dello spazio fra esposizione e interpretazione




venerdì, luglio 07, 2006

banlieue

IL REPORTAGE
Slogan in codice alle radio, messaggi sms e sui centralini pubblici confermano l'allarme - La parola d'ordine di queste ore è diventata "mimetismo" - "Andiamo in centro nel cuore del nemico" - In tutta la Francia un cupo tam tam di minacce dal nostro inviato LEONARDO COEN

"NIKE ta mère". Fottiti. Inutile insistere, chiedere: allora, è vero che andate a Parigi, domani per dimostrare contro Sarkozy? Risposta: "Nike ta mère". Meglio lasciar perdere. Il ragazzo d'origine magrebina allunga il passo, tira su la clip del giubbotto scuro, sparisce. Stanotte Marsiglia è relativamente quieta. Le sirene dei "batar keuf", i poliziotti bastardi (la lingua banlieue è quasi fonetica) si sentono poco. I racailles delle miserabili periferie marsigliesi sono rimasti a casa. Dicono invece che qualcosa abbiano fatto a Juan les Pins e a Nizza. Anche a Tolosa, vetture bruciate nel quartiere del Mirail. A Bordeaux hanno bruciato sette auto della polizia. A Lille stessa solfa. I bollettini sono reticenti, in fatto di numeri. Radio e tv vogliono evitare che certe notizie incitino ai disordini. Radio Soleil, la più diffusa emittente (c'è anche a Parigi) diretta ai francesi di origine magrebina e agli immigrati di origine araba, trasmette su 89,7 in arabo, molto, e poco in francese. Stanotte musica, più del solito. Pubblicità. Dunque, è difficile capire se è vero che si sta preparando l'invasione dei barbari a Parigi, come temono invece le autorità che hanno dato l'allarme. Gli uomini dell'OCLCTIC hanno intercettato messaggi "inequivocabili". La sigla è l'acronimo dell'ufficio centrale per la lotta contro la criminalità legata alla tecnologia di informazione e comunicazione e dipende dalla procura di Parigi. E' il segreto di Pulcinella. Lo sanno tutti che la rivolta corre su Internet e che i rivoltosi si scambiano messaggi coi telefonini: gli indiani metropolitani delle periferie lanciano così i loro segnali di guerra, non gli importa nulla se glieli scoprono, anzi, questo rende la loro ribellione ancor più audace.
I poliziotti ranger li intercettano e decifrano il tam tam. Sms come appelli alla battaglia, alla violenza, alla sfida. L'odio sociale, qualcuno di loro lo scrive, segno che questa guerriglia contro l'esclusione e l'oblìo non nasce per caso. Sms, dunque. Per esempio, tra i più gettonati e i più inquietanti: "On va bruler Paname!". Lo gridavano i pirati dei Caraibi, solo che la Panama dell'anno 2005 è la Parigi di Sarkozy, il viceré di Chirac. "Va leur foutre le feu", e qui l'interpretazione è una e basta: andiamo a fregargli il fuoco, cioè le armi, ai flic, gli agenti di polizia. Si usa il lessico " texto", si indica il programma di massima della campagna di lotta: "On va dans le centre de Paris que tout-le monde prend peur"., l'obiettivo è chiaro, andiamo dritti nel cuore del nemico, nella città dei ricchi, mostriamogli che usciamo dai ghetti, portiamo la banlieue in centro: agli Champs Elysées, alla Bastille, a République, a' l'Arc du Triomphe, alle Halles. Tutti gli indirizzi corrispondono alle fermate del metrò. Più difficile intercettare i messaggi vocali delle segreterie telefoniche: la polizia teme che siano quelli "veri", e che i "casseurs" utilizzino cabine telefoniche pubbliche o telefoni normali. Tra gli analisti della sicurezza francese c'è il dubbio che tutto questo fiorire di messaggi che istigano a colpire la polizia e incitano a calare sulla capitale dalle "periferie della periferia", ossia dal resto della Francia, sia soltanto una gigantesca presa in giro, un modo per mandare in fibrillazione l'apparato preventivo e per tenerlo sempre sotto pressione. Una provocazione, per spaventare l'opinione pubblica. Quella che al 73 per cento ha approvato il coprifuoco nelle città a rischio. Una strategia unica, dietro tutto ciò? O un fenomeno spontaneo di cybernautica che si è autoalimentato grazie ai contatti web e al passaparola? Il sito bouna93skyblog era nato inizialmente come blog in memoria di Bouna Traoré e Zyed Benna, i due giovani morti folgorati dopo essersi rifugiati in una centralina elettrica. In dodici giorni ha accumulato la bellezza di 3,2milioni di pagine web ma era anche diventato un luogo virtuale dove coltivare rabbia e violenza. E' stato blindato. Stessa sorte per molti altri indirizzi sospetti, specie quelli che fanno capo a Dj, rappers. Le cercledurap è stato disattivato perché non garantiva le condizioni di utilizzo prescritte dal master skyblog. A Marsiglia, capitale della musica rai e del rap estremo, i ribelli delle periferie preferiscono essere chiamati lascar: el askar in arabo-persiano significa militare, perciò loro si vedono come soldati della banlieue che si suppone debbano essere coraggiosi e decisi. Sapendo di non poter competere con la polizia, usano l'astuzia dei poveri e degli emarginati, giocano come il topo col gatto. In senso autoironico, gli arabi di questi immensi falansteri (la periferia di Marsiglia sa essere orribile e drammatica) si definiscono "rat" (in francese, appunto, topo). Solo che il significato è sostanzialmente diverso: rat come gente che è rampante, che vuole invadere la società. Il gergo è fondamentale. E' come una password esistenziale. Non a caso, per cercare di capire quel che succede bisogna innanzitutto capire la lingua della periferia. In queste ultime ore la parola che sta tracimando dal fiume della ribellione è "mimetismo". Rinserrare i ranghi, ripiegare e confondersi nei quartieri. Aspettare. Per poi colpire ancora. Di nuovo. Tanto, che c'è da perdere? Ed è curioso vedere che i focolai della ribellione più irriducibile non siano attorno a Parigi, bensì in città come Lille - tradizionale bastione dell'islamismo più radicale. O Tolosa, Saint-Etienne, Lione, Mulhouse, Strasburgo, Nizza. Città industriali o, come Nizza, capitale della Costa Azzurra, città dove i contrasti sociali sono enormi, insopportabili. E dove la ribellione è quotidiana. Ma da anni.
(12 novembre 2005)


www.repubblica.it

giovedì, luglio 06, 2006

W O O S T E R a celebration of street art














www.woostercollective.com

mercoledì, luglio 05, 2006

os urbanitas BRASIL

in portoghese BRASILE

OS URBANITAS

antropologia urbana ITALIA

Contributo presentato al Convegno "Gli studi di storia dell'antropologia in Italia"
Villa Mirafiori, Aula VI, Roma 12 - 13 - 14 ottobre 1995

ANTROPOLOGIA URBANA:
TRA NUOVO OGGETTO E NUOVO PARADIGMA

1. Questioni di etichetta
2. I percorsi urbani della ricerca antropologica
2.2. Studi urbani nei paesi del terzo mondo e in via di sviluppo
2.3. Studi rivolti alla società d'appartenenza dell'antropologo
2.4. Studi sulla città come istituzione sociale
3. Città e società: concettualizzazioni
3.1. Funzionalismo e studi di comunità
3.2. Crisi dei paradigmi forti
3.3. Verso un nuovo paradigma

Abstract
L'articolo ripercorre l'emergere della specializzazione dell'antropologia urbana con particolare riguardo all'ambito statunitense e britannico, cercando di dimostrare che l'affermarsi di questo settore di studi sia collegato oltre che ad importanti trasformazioni nel contesto storico-politico globale in cui l'antropologo si inserisce, anche a fondamentali mutamenti sul piano teoretico ed epistemologico che investono l'antropologia contemporanea e le scienze umane in genere.

lunedì, luglio 03, 2006

geografia emozionale

15 Gennaio 2006
GEOGRAFIA EMOZIONALE

E' simile a qualcosa che riaffiora, qualcosa che si è fatto ma che per qualche motivo si è dimenticato: è la necessità di raccontare i paesaggi naturali, ma anche i luoghi urbani, come atmosfere dell'animo. Questo bisogno riscoperto si chiama geografia emozionale, è uno dei movimenti estetici che in questi anni ha saputo cogliere a New York come a Tokyo, a Berlino come a Londra, i sintomi di un risvegliato bisogno di uno stare in uno spazio e raccontarlo partendo dalle emozioni che sa trasmettere. Nell'era dell'essere dappertutto, ma in realtà sentirsi spaesati, le esperienze sensoriali, il tatto, l'olfatto, il gusto, il riverbero interiore sono le àncore che aiutano a percepire lo spazio che si abita. I viaggi, dall'altro capo del mondo come oltre le strisce pedonali sotto casa, valgono per le sensazioni che trasmettono.

Per raccontare questa filosofia, in Italia c'è una rivista. Un trimestrale nato a Milano ma con firme internazionali. Si chiama Aria.
Laura Broggi -"Aria"- : "In un'epoca di sovraccarico visivo, proprio le immagini sembrano non bastare. La città, il paese, tornano a essere uno spazio da percorrere. Si desidera riscoprire un luogo per l'emozione che trasmette piuttosto che per il tempo, inutilmente accelerato, che costringe a scandire. Lo si desidera ascoltare anziché guardarlo come semplice catalogo di superfici esteriori: palazzi, oggetti, abiti o atteggiamenti che dir si voglia. Geografia emozionale vuol dire guardare a cose e persone e ascoltare ciò che riaffiora alla mente magari anche in relazione alle cose più improbabili. Pensare a persone mentre si guarda un pianoforte, una vetrina, un'opera d'arte, una strada".
Una geografia emozionale da non confondere però con la semplice emotività superficiale, con la reazione immediata e autocompiaciuta. E' piuttosto la pratica di esperienze che aiutano a tracciare itinerari personali, rotte intime.
E' un po' quel "partire da sé" che contiene sia l'idea del cominciare da sé ma anche dell'allontanarsi da sé, proprio per poter viaggiare e scoprire una propria geografia.
Laura Broggi: "Fotografia, cinema, arte, design...La geografia emozionale si declina nelle varie pratiche artistiche: fotografie che dicono di trasparenze e specchi, di immagini che non sono solo quello che fanno vedere; racconti che descrivono soprattutto luoghi momentanei, interni ordinari; architetture sul filo dell'abbandono. Niente a che fare con le idee di celebrazione ed esaltazione".
Giuliana Bruno, la teorica che ha dato il via a questa tendenza, vive negli Stati Uniti, è docente ad Harvard. Per lei si è all'inizio di una nuova era dopo il postmoderno. Dal manifestarsi fuori dalle cose di anni fa al desiderio di capire cosa sia l'insieme dei luoghi che si abita. E' quell'e-muovere che vuol dire proprio uscire da sé, magari senza coordinate e guardare con occhi nuovi il consueto.
Laura Broggi: "Che sia una tendenza lo si riscontra anche su giornali e libri. Si legge di richieste per un design semplice ma dal forte impatto emotivo. Di città ripensate partendo dalle piccole emozioni. Per ascoltare il passare delle stagioni, per lasciar posto anche al buio, per percepire odori e spazi. Si apprende che la scienza ha scoperto il neurone specchio: e cioè il segreto delle emozioni. Si narra di profili per nuove professioni, come l'Organizzatore dell'Emotività Ambientale. Si organizzano cene e feste al buio, ma anche silenziose, per risvegliare percezioni addormentate. I musei allestiscono percorsi olfattivi e tattili. Il marketing innalza colonne di stimoli percettivi attorno a ogni prodotto. Perfino l'ultimo festival della filosofia è stato dedicato alla sensorialità, alla corporeità. Insomma la voglia di sentire il mondo si fa strada in una società tutta rivolta a ciò che si vede".
Dalla pubblicità al design, al life style passando per architettura e narrativa, moda, cinema e arte molto sembra riverberare della luce dell'emozionale. Una tendenza che ritrova in un certo cinema, in una certa narrativa, i propri codici estetici. Un filone che passa da Wenders a Sofia Coppola, Wong Kar Wai e Paolo Sorrentino. Da Kuitca e Wilson a Hillman, Woodmann e Chiaramonte. E' l'elogio dell'ombra alla Biennale di Forster.
Una cosa è certa, la geografia emozionale non è bulimica di novità quanto piuttosto curiosa di un sentire diverso e per dirla come Voltaire "Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi".

nonsolomoda