martedì, luglio 11, 2006

ETNOGRAFIA URBANA

MODI D'USO E PRATICHE DELLO SPAZIO
Maria Pia Pozzato e Cristina Demaria (pubblicazione in rete 21 marzo 2006)

L’atelier “Etnografia urbana: modi d’uso e pratiche dello spazio” ha accolto lavori e progetti tra loro in realtà molto differenti: da una rilettura semiotica di New Babylon, città immaginata negli anni Sessanta dagli architetti e dagli artisti del movimento dell’Internazionale Situazionista, alle immagini e ai mosaici delle città che dominano gli schermi dell’installazione Cosmopolis dell’algerino Maurice Benayoun, fino alle città da ri-immaginare a partire dalla percezione delle loro zone di degrado. Ne è emerso un percorso composito che ha collegato esempi di progettazione artistica e urbanistica a osservazioni ‘partecipanti’ sul modo in cui alcuni centri urbani vengono usati, come nel caso di Firenze, città d’arte i cui spazi pubblici si trasformano sempre di più in spazi privati che i turisti si trovano a dover ‘acquistare’ insieme ai loro souvenirs. Vorremmo provare a ripercorrere le indicazioni più interessanti emerse nell’atelier dividendole in tre grandi aree tematiche: città ideali e virtuali, effettive pratiche di uso e di progettazione e, infine, percezioni della città e della sua sicurezza, delle sue zone di esclusione e inclusione.

1. città ideali/città virtuali
2. la città nelle pratiche d'uso e di progettazione
3. il degrado e il controllo
4. sociologi e antropologi di fronte alla città
5. verso un'etnografia semiotica della città: l'immagine della città di Kevin Lynch
6. semiotica e antropologia urbana: Ulf Hannerz


semiotica della città


Comunicazioni presentate negli Atelier del XXXIII Congresso dell'AISS
"Per una semiotica della città. Spazi sociali e culture metropolitane"
San Marino, 28-30 ottobre 2005




Sezione Mappe e rappresentazioni: città descritta e ritratti possibili
Francesca De Ruggieri Matrix and the city: città reale/città virtuale nella cultura visuale contemporanea

Maria Giulia Dondero

Scenari del sé e monumenti in posa nella fotografia turistica

Francesco Galofaro

La città di Riccardo Barreiro e Juan Gimenez

Andri Gerber

Peter Eisenman dalla descrizione alla de-scrizione

Alice Giannitrapani

Forme di costruzione dell’identità dei luoghi:il caso di Erice nelle guide turistiche

Daniela Panosetti

La città schizofrenica. Ambiguità e duplicazioni discorsive ne La trilogia della città di K di Agotha Kristof

Elisebha Fabienne Platzer

Perché Le città invisibili?

Gabriele Salvatori

Nevrosi e forme di vita metropolitane. Tre film di Woody Allen



Sezione Zone, frontiere, confini: la città come spazio culturale

Pierluigi Cervelli,
Franciscu Sedda

Introduzione

Paolo Bertetti Il senso calpestato. Per una semiotica del marciapiede / pdf (312 Kb)

Valentina Ciuffi

Terrains vagues: il rovescio dei vuoti urbani

Maria José Contreras

Città sotto attacco: di bombe e poemi

Marco Felici

Linguaggio progettuale e forma mentis della sostenibilità

Tommaso Granelli

Per una semiotica del Terrain Vague: da luogo anomico a dérive passionale

Dania Patassini

Metro-morfosi. mutazioni spaziali nel metro’ di parigi (un problema di traduzione spaziale)

Elena Pirazzoli

Locali notturni e macerie abitate: la ricostruzione ambigua di Beirut

Romana Rutelli

Métro, Underground, Subway e altri spazi cittadini della frontiera



Sezione Etnografia urbana: modi d’uso e pratiche dello spazio

Cristina De Maria
Maria Pia Pozzato

Introduzione

Emanuela Bonini Lessing Sistemi informativi e attribuzioni di senso / pdf (92 Kb)

Marco De Baptistis

Il situazionismo e il discorso sulla città

Lucia Rita Monica Iorio

I Sassi di Matera: da spazio rupestre a spazio antropologico

Giorgio Lo Feudo Spazi urbani fra fruizione e denominazione.
È possibile un secondo battesimo?
/ pdf (120 Kb)

Raul Magallon

Firenze, città sacra con carattere profano: Dal pubblico al privato

Tiziana Migliore "Cosmopolis", di Maurice Benayoun. Città Ideale nella logica della Rete

Annalisa Pelizza

Spazi pubblici a un bivio. Per una interpretazione del tema del “degrado”: il caso del PSC del Comune di Bologna

Alessandro Rudelli

Non più, non ancora.
Pragmatica generativa e trasformazionale dei regimi semiotici negli spazi urbani delle società di controllo



Sezione Luoghi pubblici e spazi commerciali: nuove forme di messa in comune del territorio urbano

Vanni Codeluppi

La città come vetrina

Pierluigi Musarò

Il significato sociale del consumo: gli spazi commerciali come distributori di “senso etico”

Andrea Pascali

Spazi senza storia: l’ipermercato e la solitudine al consumo

Gian Paolo Proni

Il fashion shopping urbano: problemi e prospettive di ricerca

Maddalena Rinaldi

Il museo dell’azienda. Le identità dello spazio fra esposizione e interpretazione




venerdì, luglio 07, 2006

banlieue

IL REPORTAGE
Slogan in codice alle radio, messaggi sms e sui centralini pubblici confermano l'allarme - La parola d'ordine di queste ore è diventata "mimetismo" - "Andiamo in centro nel cuore del nemico" - In tutta la Francia un cupo tam tam di minacce dal nostro inviato LEONARDO COEN

"NIKE ta mère". Fottiti. Inutile insistere, chiedere: allora, è vero che andate a Parigi, domani per dimostrare contro Sarkozy? Risposta: "Nike ta mère". Meglio lasciar perdere. Il ragazzo d'origine magrebina allunga il passo, tira su la clip del giubbotto scuro, sparisce. Stanotte Marsiglia è relativamente quieta. Le sirene dei "batar keuf", i poliziotti bastardi (la lingua banlieue è quasi fonetica) si sentono poco. I racailles delle miserabili periferie marsigliesi sono rimasti a casa. Dicono invece che qualcosa abbiano fatto a Juan les Pins e a Nizza. Anche a Tolosa, vetture bruciate nel quartiere del Mirail. A Bordeaux hanno bruciato sette auto della polizia. A Lille stessa solfa. I bollettini sono reticenti, in fatto di numeri. Radio e tv vogliono evitare che certe notizie incitino ai disordini. Radio Soleil, la più diffusa emittente (c'è anche a Parigi) diretta ai francesi di origine magrebina e agli immigrati di origine araba, trasmette su 89,7 in arabo, molto, e poco in francese. Stanotte musica, più del solito. Pubblicità. Dunque, è difficile capire se è vero che si sta preparando l'invasione dei barbari a Parigi, come temono invece le autorità che hanno dato l'allarme. Gli uomini dell'OCLCTIC hanno intercettato messaggi "inequivocabili". La sigla è l'acronimo dell'ufficio centrale per la lotta contro la criminalità legata alla tecnologia di informazione e comunicazione e dipende dalla procura di Parigi. E' il segreto di Pulcinella. Lo sanno tutti che la rivolta corre su Internet e che i rivoltosi si scambiano messaggi coi telefonini: gli indiani metropolitani delle periferie lanciano così i loro segnali di guerra, non gli importa nulla se glieli scoprono, anzi, questo rende la loro ribellione ancor più audace.
I poliziotti ranger li intercettano e decifrano il tam tam. Sms come appelli alla battaglia, alla violenza, alla sfida. L'odio sociale, qualcuno di loro lo scrive, segno che questa guerriglia contro l'esclusione e l'oblìo non nasce per caso. Sms, dunque. Per esempio, tra i più gettonati e i più inquietanti: "On va bruler Paname!". Lo gridavano i pirati dei Caraibi, solo che la Panama dell'anno 2005 è la Parigi di Sarkozy, il viceré di Chirac. "Va leur foutre le feu", e qui l'interpretazione è una e basta: andiamo a fregargli il fuoco, cioè le armi, ai flic, gli agenti di polizia. Si usa il lessico " texto", si indica il programma di massima della campagna di lotta: "On va dans le centre de Paris que tout-le monde prend peur"., l'obiettivo è chiaro, andiamo dritti nel cuore del nemico, nella città dei ricchi, mostriamogli che usciamo dai ghetti, portiamo la banlieue in centro: agli Champs Elysées, alla Bastille, a République, a' l'Arc du Triomphe, alle Halles. Tutti gli indirizzi corrispondono alle fermate del metrò. Più difficile intercettare i messaggi vocali delle segreterie telefoniche: la polizia teme che siano quelli "veri", e che i "casseurs" utilizzino cabine telefoniche pubbliche o telefoni normali. Tra gli analisti della sicurezza francese c'è il dubbio che tutto questo fiorire di messaggi che istigano a colpire la polizia e incitano a calare sulla capitale dalle "periferie della periferia", ossia dal resto della Francia, sia soltanto una gigantesca presa in giro, un modo per mandare in fibrillazione l'apparato preventivo e per tenerlo sempre sotto pressione. Una provocazione, per spaventare l'opinione pubblica. Quella che al 73 per cento ha approvato il coprifuoco nelle città a rischio. Una strategia unica, dietro tutto ciò? O un fenomeno spontaneo di cybernautica che si è autoalimentato grazie ai contatti web e al passaparola? Il sito bouna93skyblog era nato inizialmente come blog in memoria di Bouna Traoré e Zyed Benna, i due giovani morti folgorati dopo essersi rifugiati in una centralina elettrica. In dodici giorni ha accumulato la bellezza di 3,2milioni di pagine web ma era anche diventato un luogo virtuale dove coltivare rabbia e violenza. E' stato blindato. Stessa sorte per molti altri indirizzi sospetti, specie quelli che fanno capo a Dj, rappers. Le cercledurap è stato disattivato perché non garantiva le condizioni di utilizzo prescritte dal master skyblog. A Marsiglia, capitale della musica rai e del rap estremo, i ribelli delle periferie preferiscono essere chiamati lascar: el askar in arabo-persiano significa militare, perciò loro si vedono come soldati della banlieue che si suppone debbano essere coraggiosi e decisi. Sapendo di non poter competere con la polizia, usano l'astuzia dei poveri e degli emarginati, giocano come il topo col gatto. In senso autoironico, gli arabi di questi immensi falansteri (la periferia di Marsiglia sa essere orribile e drammatica) si definiscono "rat" (in francese, appunto, topo). Solo che il significato è sostanzialmente diverso: rat come gente che è rampante, che vuole invadere la società. Il gergo è fondamentale. E' come una password esistenziale. Non a caso, per cercare di capire quel che succede bisogna innanzitutto capire la lingua della periferia. In queste ultime ore la parola che sta tracimando dal fiume della ribellione è "mimetismo". Rinserrare i ranghi, ripiegare e confondersi nei quartieri. Aspettare. Per poi colpire ancora. Di nuovo. Tanto, che c'è da perdere? Ed è curioso vedere che i focolai della ribellione più irriducibile non siano attorno a Parigi, bensì in città come Lille - tradizionale bastione dell'islamismo più radicale. O Tolosa, Saint-Etienne, Lione, Mulhouse, Strasburgo, Nizza. Città industriali o, come Nizza, capitale della Costa Azzurra, città dove i contrasti sociali sono enormi, insopportabili. E dove la ribellione è quotidiana. Ma da anni.
(12 novembre 2005)


www.repubblica.it

giovedì, luglio 06, 2006

W O O S T E R a celebration of street art














www.woostercollective.com

mercoledì, luglio 05, 2006

os urbanitas BRASIL

in portoghese BRASILE

OS URBANITAS

antropologia urbana ITALIA

Contributo presentato al Convegno "Gli studi di storia dell'antropologia in Italia"
Villa Mirafiori, Aula VI, Roma 12 - 13 - 14 ottobre 1995

ANTROPOLOGIA URBANA:
TRA NUOVO OGGETTO E NUOVO PARADIGMA

1. Questioni di etichetta
2. I percorsi urbani della ricerca antropologica
2.2. Studi urbani nei paesi del terzo mondo e in via di sviluppo
2.3. Studi rivolti alla società d'appartenenza dell'antropologo
2.4. Studi sulla città come istituzione sociale
3. Città e società: concettualizzazioni
3.1. Funzionalismo e studi di comunità
3.2. Crisi dei paradigmi forti
3.3. Verso un nuovo paradigma

Abstract
L'articolo ripercorre l'emergere della specializzazione dell'antropologia urbana con particolare riguardo all'ambito statunitense e britannico, cercando di dimostrare che l'affermarsi di questo settore di studi sia collegato oltre che ad importanti trasformazioni nel contesto storico-politico globale in cui l'antropologo si inserisce, anche a fondamentali mutamenti sul piano teoretico ed epistemologico che investono l'antropologia contemporanea e le scienze umane in genere.

lunedì, luglio 03, 2006

geografia emozionale

15 Gennaio 2006
GEOGRAFIA EMOZIONALE

E' simile a qualcosa che riaffiora, qualcosa che si è fatto ma che per qualche motivo si è dimenticato: è la necessità di raccontare i paesaggi naturali, ma anche i luoghi urbani, come atmosfere dell'animo. Questo bisogno riscoperto si chiama geografia emozionale, è uno dei movimenti estetici che in questi anni ha saputo cogliere a New York come a Tokyo, a Berlino come a Londra, i sintomi di un risvegliato bisogno di uno stare in uno spazio e raccontarlo partendo dalle emozioni che sa trasmettere. Nell'era dell'essere dappertutto, ma in realtà sentirsi spaesati, le esperienze sensoriali, il tatto, l'olfatto, il gusto, il riverbero interiore sono le àncore che aiutano a percepire lo spazio che si abita. I viaggi, dall'altro capo del mondo come oltre le strisce pedonali sotto casa, valgono per le sensazioni che trasmettono.

Per raccontare questa filosofia, in Italia c'è una rivista. Un trimestrale nato a Milano ma con firme internazionali. Si chiama Aria.
Laura Broggi -"Aria"- : "In un'epoca di sovraccarico visivo, proprio le immagini sembrano non bastare. La città, il paese, tornano a essere uno spazio da percorrere. Si desidera riscoprire un luogo per l'emozione che trasmette piuttosto che per il tempo, inutilmente accelerato, che costringe a scandire. Lo si desidera ascoltare anziché guardarlo come semplice catalogo di superfici esteriori: palazzi, oggetti, abiti o atteggiamenti che dir si voglia. Geografia emozionale vuol dire guardare a cose e persone e ascoltare ciò che riaffiora alla mente magari anche in relazione alle cose più improbabili. Pensare a persone mentre si guarda un pianoforte, una vetrina, un'opera d'arte, una strada".
Una geografia emozionale da non confondere però con la semplice emotività superficiale, con la reazione immediata e autocompiaciuta. E' piuttosto la pratica di esperienze che aiutano a tracciare itinerari personali, rotte intime.
E' un po' quel "partire da sé" che contiene sia l'idea del cominciare da sé ma anche dell'allontanarsi da sé, proprio per poter viaggiare e scoprire una propria geografia.
Laura Broggi: "Fotografia, cinema, arte, design...La geografia emozionale si declina nelle varie pratiche artistiche: fotografie che dicono di trasparenze e specchi, di immagini che non sono solo quello che fanno vedere; racconti che descrivono soprattutto luoghi momentanei, interni ordinari; architetture sul filo dell'abbandono. Niente a che fare con le idee di celebrazione ed esaltazione".
Giuliana Bruno, la teorica che ha dato il via a questa tendenza, vive negli Stati Uniti, è docente ad Harvard. Per lei si è all'inizio di una nuova era dopo il postmoderno. Dal manifestarsi fuori dalle cose di anni fa al desiderio di capire cosa sia l'insieme dei luoghi che si abita. E' quell'e-muovere che vuol dire proprio uscire da sé, magari senza coordinate e guardare con occhi nuovi il consueto.
Laura Broggi: "Che sia una tendenza lo si riscontra anche su giornali e libri. Si legge di richieste per un design semplice ma dal forte impatto emotivo. Di città ripensate partendo dalle piccole emozioni. Per ascoltare il passare delle stagioni, per lasciar posto anche al buio, per percepire odori e spazi. Si apprende che la scienza ha scoperto il neurone specchio: e cioè il segreto delle emozioni. Si narra di profili per nuove professioni, come l'Organizzatore dell'Emotività Ambientale. Si organizzano cene e feste al buio, ma anche silenziose, per risvegliare percezioni addormentate. I musei allestiscono percorsi olfattivi e tattili. Il marketing innalza colonne di stimoli percettivi attorno a ogni prodotto. Perfino l'ultimo festival della filosofia è stato dedicato alla sensorialità, alla corporeità. Insomma la voglia di sentire il mondo si fa strada in una società tutta rivolta a ciò che si vede".
Dalla pubblicità al design, al life style passando per architettura e narrativa, moda, cinema e arte molto sembra riverberare della luce dell'emozionale. Una tendenza che ritrova in un certo cinema, in una certa narrativa, i propri codici estetici. Un filone che passa da Wenders a Sofia Coppola, Wong Kar Wai e Paolo Sorrentino. Da Kuitca e Wilson a Hillman, Woodmann e Chiaramonte. E' l'elogio dell'ombra alla Biennale di Forster.
Una cosa è certa, la geografia emozionale non è bulimica di novità quanto piuttosto curiosa di un sentire diverso e per dirla come Voltaire "Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi".

nonsolomoda

periferie

22 Gennaio 2006

PERIFERIE
Il punto di partenza è la Francia, dove l'esplosione delle periferie si inserisce in una lunga tradizione di rivolte sociali. Architetti, sociologi, economisti, geografi, artisti ne discutono per studiare il tessuto urbano e la sua evoluzione, per capire il fenomeno ed arrivare a conclusioni spesso contradditorie.
Per alcuni non è vero che tutta le periferie sono brutte, che ovunque si vive male e ci si sente degli emarginati, degli esclusi.
Per altri sono da considerarsi comunque e sempre luoghi di conflitto e di contrasti, difficili e inabitabili. Nella querelle tra i diversi punti di vista ne esce che le periferie non sono più disposte ai margini della città, ma si possono trovare dappertutto anche all'interno della città stessa. La distanza non è più solo geografica, perché chi le abita finisce per interiorizzare quella linea invisibile che le separa dagli altri quartieri.
Affidarne il restyling a grandi firme, abbattere per ricostruire da zero, abbellirle, rinverdirle, farne dei parchi culturali...Per viverci meglio.
A Milano fino al 29 gennaio, Palazzo Reale ospita un itinerario di paesaggi, architetture, volti, una mostra organizzata dalla Federico Motta Editore.
Da un secolo a un altro. Da Sironi al presente. Dalle periferie desolate e abbandonate di ieri, a quelle contemporanee. Una sorta di contrappunto visivo reso grazie alle incursioni dentro il paesaggio urbano del fotografo Francesco Iodice.
Un parallelo tra due artisti, tra i luoghi di Costant Permeke e quelli di Mario Sironi, per evidenziare analogie e differenze, affinità e distanze. Quelli che si vedono non sono luoghi di alienazione del proletariato urbano, ma simbolo della modernità. Dove le fabbriche sono viste come nuove cattedrali dell'età industriale.
Se alcune periferie di oggi non sono altro che deserti costruiti, cubi abitativi, condomini dormitori, altre offrono attrezzati e piacevoli spazi per il tempo libero, e una buona qualità della vita perchè libere dal traffico e di facile e veloce accessibilità.
La mostra di Palazzo Reale è stata anche occasione di incontro per affrontare l'argomento partendo da esperienze e punti di vista differenti.
Le belle periferie che abbiamo incontrato nel nord Europa parlano di materiali ecocompatibili e risparmio energetico, di spazi verdi, di infrastrutture e servizi, di soluzioni costruttive intelligenti che si traducono in edifici piacevoli e umani nelle dimensioni, dove si abita e non si viene immagazzinati, dove il disagio e il malcontento possono essere visti solo come un pretesto per creare disordini. A prescindere.
A Lione, in Francia un quartiere popolare è stato trasformato in museo a cielo aperto.
Per celebrare un illustre cittadino, l'architetto Tony Garnier, ma anche per ridare dignità a chi lo abita.
I problemi sociali paiono scomparire dietro a facciate ridipinte, muri affrescati, palazzi decorati, abbelliti, rivivacizzati con una mano di colore.
Agli architetti non bisogna attribuire responsabilità politiche, altrimenti si da loro un potere sulla società che in realtà non hanno mai avuto.


pagina nera
PERIFERIA AL CENTRO

Al centro dell'attenzione della municipalità, della politica e naturalmente...dell'economia.
Se c'è un centro è inevitabile che ci sia una periferia. Il centro è prestigio, è immagine, è possibilità.
La periferia è la negazione di queste cose, ma è anche scempio architettonico, degrado e assenza, a volte, di tutto.
Coloriamole, piantumiamole, organizziamole...saranno più belle: sono le promesse di nuovi Sindaci, Assessori all'Urbanistica e alla Cultura.
Abbattiamole, ricostruiamole, firmiamole...saranno più belle: promettono immobiliaristi, imprese, banche e politici sotto elezioni.
Due strade che non allontanano il problema già esploso a Parigi.
Qualche segnale però viene già dalla moda.
Importanti showroom lasciano il centro per spazi più ampi, meno costosi e più facili da raggiungere.
Seguono giovani imprenditori, artisti, grafici, fotografi e ancora librerie, gallerie, ristoranti etnici e bar per illuminare il buio della sera.
Quindi...
Tante realtà, tanti ritrovati interessi, in periferia come in centro.
E' stato Giorgio Armani il primo a dare un segnale forte, qui a Milano.
Nella zona ex industriale di Porta Genova, ha portato il centro...lo hanno seguito in molti.

Fabrizio Pasquero

domenica, luglio 02, 2006

città per baciarsi








Scheda/1
Il piano strutturale
La Regione Toscana varò nel 1995 la legge n° 5 che definiva i Piani Strutturali come nuovi strumenti di pianificazione urbanistica dei territori . Quella legge decretò così la riforma dei Piani Regolatori Generali per superare la rigidità eccessiva delle procedure che troppo spesso costringevano ad un disegno del territorio a tavolino. Uno strumento, in sostanza, troppo burocratico e costretto ad un iter di approvazione estremamente lungo e lento, tanto che a Scandicci, per varare il vecchio Piano Regolatore, furono necessari, dal momento iniziale a quello conclusivo, quasi dieci anni. La prima fase del lavoro sarà dedicata ad una serie di analisi territoriali, socio-economiche e demografiche che costruiscano il quadro d’insieme. Congiuntamente verrà sviluppato, attraverso il coinvolgimento dei principali attori del territorio (in forma singola e associata), un documento strategico che conterrà gli assi di sviluppo e gli aspetti invarianti dell’intero territorio. Seguirà il lavoro sul regolamento urbanistico che riguarderà essenzialmente gli interventi possibili sul sistema esistente, ed un lavoro, più specifico ed operativo, sul nuovo centro della città, che potrà materializzarsi con i primi elementi architettonici del progetto di stazione della tranvia.
Scheda/2
La città partecipe e informata
Lo dicono già titolo e copertina "Cambiare insieme la nostra città che cambia". Insieme, appunto, nel segno del dialogo sociale e del coinvolgimento cittadini. Per Scandicci, un metodo per altro non nuovo e che l'Amministrazione ha già sperimentato con il forum “Scandicci città sperimentale” e con l'iniziativa di urbanistica partecipata nel quartiere di Vingone. Metodo che Gheri riconferma quando dice che "nella fase di elaborazione del Piano verrà praticata una forma di “ascolto attivo” dei cittadini, delle associazioni sociali ed economiche, degli operatori economici più significativi, delle organizzazioni sociali, attraverso la creazione di workshop, di specifici gruppi di lavoro e di focus group strategici, coordinati dai nostri consulenti e da altre specifiche competenze accademiche". Dentro a questo percorso anche le scuole. Alcune classi delle scuole medie, un rapporto già avviato per ricevere da loro "un contributo alla costruzione di una città sostenibile dei bambini e delle bambine". Gli studenti delle superiori, coinvolti in un lavoro sui bisogni del mondo giovanile, e quelli del Newton-Russell impegnati in attività più “operative” con ricerche sul patrimonio abitativo. A tutti gli altri, la città dei cittadini e degli operatori economici, Gheri pensa di rivolgersi con una strategia di comunicazione ed informazione "capace di incidere sulla visione che i cittadini hanno della propria città e suscitare una sentimento empatico al cambiamento".
Scheda/3
La dimensione di quartiere
"Per costruire una città la cui vestibilità meglio si attagli alle differenti "corporature" dei suoi segmenti sociali, la dimensione di quartiere è una delle misure da tenere in conto per affrontare sia la tendenza all’invecchiamento della popolazione che le esigenze poste dai bambini e dai ragazzi". La Relazione del vicesindaco ed assessore all'urbanistica dedica un capitolo alla valorizzazione della dimensione di quartiere senza per questo affermarne la loro autosufficienza. E siccome dentro lo spazio urbano 'quartiere' "è più facile, a piedi o in bicicletta, fare la spesa, riscuotere una pensione, andare dal medico o al giardino per giocare o leggere il giornale", dice Gheri, "anche attraverso forme di progettazione partecipata, dovremo prevedere incentivi per interventi di reinvenzione e di riqualificazione del tessuto già urbanizzato e di ricucitura e completamento anche con nuove edificazioni".